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venerdì, novembre 09, 2007

Io non vi porto la pace, vi porto la mia pace...


domenica, novembre 04, 2007

Finalmente una partita...

Forse c’è qualche goccia di pioggia nell’aria, ma nessuno se ne cura. L’uscita dallo stadio sembra quella di un ultimo giorno di scuola, quando si corre e basta, ci si guarda tutti negli occhi e si sorride. “Quattro peri, xe na cosa granda”, dice una signora che ha passato i sessanta, stretta al braccio del marito; e lui non le risponde, si passa il fazzolettino ad asciugarsi una guancia e singhiozza. Che emozione il derby, che partita meravigliosa! Questo Padova-Venezia 4-1 rimarrà nella storia, come quella gare mitiche dei biancoscudati, gli spareggi, le lotte epiche dell’”Appiani”: non ricordo una sfida così bella, così coinvolgente in serie C; non ricordo di aver visto la gente piangere al fischio finale, non ricordo esultanze così furiose, cosi passionali. Avevo deciso in settimana di seguire il derby con gli Ultras, per rendermi conto di persona del perché la Commissione Provinciale di Vigilanza si ostini a negare il passaggio dei ragazzi in Sud-Est: e se da un lato ho potuto constatare l’assoluta insensatezza del provvedimento, dall’altro lato ho avuto però la fortuna di godere di uno spettacolo che sarà difficile dimenticare.Il mio derby ha inizio molto prima del fischio d’inizio, e precisamente il mercoledì precedente la partita. “Per motivi di ordine pubblico – leggo sul giornale – la Commissione di Vigilanza presieduta dal Prefetto ribadisce il no al trasferimento dei tifosi nel settore laterale della tribuna Est”. Eppure i tifosi in Est ci vanno lo stesso: comprano il biglietto e aggirano l’ostacolo. E già questa è la prima assurdità del provvedimento della Commissione. D’altronde gli Ultras hanno pazientato sin troppo: in quella curva non si può stare, neanche un falchetto della foresta di Buckley riesce a distinguere i calciatori in campo e così il tifo si disperde nell’umidità, quasi non ci fosse. Decido dunque di comprare anch’io il biglietto, perché con il mio accredito stampa non mi è mi è permesso di accedere ad altri settori dello stadio; e qui scopro il secondo paradosso: alla rivendita ufficiale in via Carducci un posto in Est costa 15 euro, ma è sufficiente chiacchierare con qualche persona là davanti per capire che, senza andare troppo lontano, si può avere lo stesso biglietto a 5 euro (ancora meno di un posto in curva!). E’ quello che faccio e sabato sera ho in mano il mio biglietto: Tribuna Est, fila 20, posto 151. Sopra c’è scritto “Prezzo intero: € 15”, io, come gli altri, ne ho pagati 5.La domenica mattina lascio la camicia e la cravatta nell’armadio e indosso la giacca pesante sopra ad un grosso maglione: nei miei progetti dovrei assomigliare a un Ultras, ma basta presentarmi all’appuntamento davanti alla biglietteria dell’”Euganeo” per rendermi conto che non sono proprio un animale da curva: “Torni dalla montagna?” mi chiede un ragazzo, forse sorpreso dal mio abbigliamento polare. Insieme mangiamo un po’ di pancetta e di costicine, alcuni ragazzi mi offrono della birra (che accetto volentieri), si parla di tante cose. Un amico mi fa notare che mancano le salsicce, ma forse anche queste sono contrarie all’ordine pubblico. A venti minuti dall’inizio però uno dei capi si alza e richiama l’attenzione: ci si mette in fila, va via il fumo, si torna a respirare la tensione della partita. Il cuore batte più forte. L’ingresso dai varchi della tribuna Est è un altro schiaffo alla logicità del provvedimento della Commissione: c’è troppa fila al cancello di Sud-Est, si decide di fare entrare tutti indistintamente dalle tre entrate. Le forze dell’ordine corrono da una parte all’altra all’impazzata, la perquisizione diventa casuale (o, anzi, lombrosiana): gli over 50 o chi ha la faccia da bravo ragazzo passa diretto, gli altri si beccano le palpate dei caramba.Oltrepassato il varco, si corre tutti verso il settore conquistato dagli Ultras. Si comincia. Mi piazzo sopra i tre lancia-cori e per un quarto d’ora rimango rapito a guardarli: questi ragazzi stanno spalle al campo, rivolti verso gli altri tifosi e dirigono l’ordine degli incitamenti e dei canti (senza megafono, si badi, visto che lo strumento in questione è ritenuto pericoloso dalle normative antiviolenza). Certo Gesù Cristo incassa moltissimo, ma l’effetto è incredibile: urlano quasi tutti, il sostegno ai calciatori in campo è travolgente. Ammetto che qualche coro fa pure sorridere, come quello – per altro molto gettonato – che si concede di spiegare ai cugini lagunari le virtù di alcune loro parenti (“ Veneziano vuoi sapere il perché / tua sorella viene a studiare in città / etc…”). La partita rimane tesa, veemente, combattuta. Poco prima della fine del primo tempo segnano gli arancioneroverdi e il calciatore che ha realizzato la rete, Scantamburlo, corre sotto la curva dei suoi sostenitori mimando il gesto della gallina padovana. Non sa cosa gli aspetta! All’intervallo trovo il magazziniere Piero al bar della tribuna: “Non potevi portar dentro due bottiglie di grappa?” gli domanda un tipo con la faccia paonazza, che non può trangugiarsi il suo Borghetti a causa del divieto di vendita di alcolici. “Me le bevo dopo a casa, con i tre punti in tasca”, risponde ineffabile lui.Non sapevo che Piero (che è la vera anima di questa società) avesse anche doti divinatorie. Ma la ragione è sua. E pure senza bisogno della grappa, il secondo tempo si trasforma in un tumulto quasi estatico, meraviglioso, orgiastico. Nell’aria c’è una strana tensione, nessuno crede che il Venezia se ne possa ritornare con la vittoria: ed è così. Ad inizio ripresa mi sposto in un altro punto della Sud-Est: non è scaramanzia, è semplicemente il modo di guardare altre facce, altri “pericoli pubblici”. In tre minuti però salta ogni previsione, ogni rigore, ogni ragionamento: segna Mastronicola, e mi trovo a stringere un colosso con la sciarpa al collo, a urlare, in mezzo a tutti i ragazzi; e poi segna Di Nardo, e tutti ci stringiamo forte, come se ci conoscessimo da sempre; e poi segna Muzzi, e scoppia la follia, col capitano che viene sotto la curva e risponde al povero Scantamburlo, mimando questa volta il gesto di colui che rema in gondola; e poi segna Rabito e non c’è già più la voce. “Cinque a uno, perché no?” cantano gli ultras, col Venezia alle corde e i biancoscudati che macinano ancora il gioco in mezzo al campo. Al fischio finale saltano tutti (“A-alta marea, po-portali via”, intona in delirio il lancia-cori), e nessuno se ne vuole più andare da là. Cade anche qualche goccia di pioggia, ma a questo punto è solo una scusa per nascondere una lacrima di gioia.
G.V., da biancoscudati.net